Esperienze in Giallo  /  Esperienze… in libreria

Esperienze… in libreria

A volte sconosciuti, a volte già noti, magari solo ad un ristretto pubblico di appassionati, tutti con un sogno: diventare uno scrittore con la S maiuscola. Parafrasando Morandi “uno su mille ce la fa”… In verità molti di più sono gli autori che abbiamo conosciuto esordienti a Fossano e che ritroviamo oggi in libreria. Ci vuole talento ma anche passione, determinazione, volontà di mettersi alla prova e perfino strategia. Ma soprattutto: l’importante è partecipare! In questa rubrica ci riproponiamo di presentarveli a poco a poco insieme alle loro opere. Perché Esperienze in Giallo dura tutto l’anno!

Sara Vallefuoco  “Neroinchiostro”, Mondadori, 2021 / “Chimere”, Mondadori, 2023

L’autrice

Nata a Roma, Sara Vallefuoco vive in provincia di Trento, dove insegna materie letterarie nella scuola secondaria di primo grado. Diplomata in pianoforte, laureata in musicologia, ha lavorato come catalogatrice di libri antichi, libretti d’opera e manoscritti musicali presso l’Archivio di San Giovanni in Laterano in Roma, l’Abbazia di Montecassino e la Biblioteca Reale di Torino.

Con i racconti “Confini” e “Di giovedì”, si è aggiudicata il premio Esperienze in Giallo rispettivamente nel 2015 e nel 2016: incoraggiamento decisivo, crediamo, per la luminosa carriera di raffinata scrittrice in cui la ritroviamo oggi.

I romanzi

“Confini”, questo il racconto con cui Sara Vallefuoco si aggiudicò il Segnalibro d’oro di Esperienze in Giallo nel 2015, rappresenta per quanto ne sappiamo la prima comparsa del vicebrigadiere Ghibaudo, tormentato carabiniere piemontese in terra di Sardegna ad esplorare i limiti estremi del regno d’Italia e contestualmente le estreme periferie del suo intimo, in un parallelismo estremamente interessante e armonico. Neroinchiostro dunque è emblematico di un fenomeno che nel premio letterario fossanese abbiamo visto più volte accadere: trovarci di fronte all’embrione di una creatura alata che spiccherà più avanti il volo, fatto ogni volta tra i più emozionali che possano accadere a chi, come noi, in modo amatoriale e proprio per disinteressato amore per il “Neroinchiostro” si pone nella figura di levatrice dei parti letterari.

Non c’è nulla di meglio della Sardegna (e ce lo insegnò un altro nostro illustre amico, Nicola Verde) dove ambientare una vicenda in cui il detto fa da contraltare al non detto: siccome poi la bravura con la penna sostiene l’autrice con la capacità di creare l’ambiente senza perdersi in scolastiche descrizioni, con il rigore della ricerca storica, con una perifrastica elegante e adeguata al contesto, il risultato è questo: un romanzo di alto profilo narrativo, rigoroso ma non uggioso, emozionante sia sotto il profilo umano che dell’intreccio sempre attento oltre che alla parte criminale anche alla commedia umana. Che viene affrontata, certo con tecniche di scrittura e con l’occhio della modernità, simboleggiata dall’avvento imminente del nuovo secolo, mantenendo comunque con bravura una realistica perimetrazione della scena su usi, costumi e dialoghi all’uso ottocentesco.

L’autrice, con un finale aperto in modo promettente, anche se perfettamente risolto, con “Neroinchiostro” sapeva già di aver costruito personaggi in grado di vivere su altre pagine. E dunque, cambiato lo sfondo, con “Chimere” ci si ritrova pochi mesi dopo a Roma alle prese apparentemente con un assassino seriale ante litteram. Per avvedersi che la ricostruzione storica è accurata non occorre leggere la postfazione, dove ogni dettaglio della scena trova compiuta giustificazione, ma basta aggirarsi per le strade di Roma del primo Novecento facendosi tenere per mano dai protagonisti. Che, rispetto al precedente romanzo, hanno aggiunto un matrimonio e un’ambiente dove hanno libera mano di esprimere il loro talento investigativo. E qui, nel venire a galla delle contraddizioni del complesso rapporto a tre fra Ghibaudo, Moretti e Amelia, che divampano man mano che evolve la narrazione, emerge tutta la bravura di una scrittrice abile a condurre quella che diventa una doppia trama ugualmente avvincente: indagine esteriore, indagine interiore. La soluzione del mistero in senso squisitamente “giallo” arriva, come è tradizione, nelle ultime pagine. Non così limpida e tracciata sarà invece la strada che di qui in poi, auspicabilmente in un prossimo romanzo, dovranno percorrere i tre, forse quattro futuri protagonisti. L’autrice dissemina il loro percorso futuro di mine inesplose che con tutta probabilità qualcuno, fatalmente, calpesterà.

Come iniziano

Sul confine mattutino dell’insonnia che da dieci giorni affligge la stazione dei Carabinieri Reali di Serra, qualcuno fa risuonare i tacchi avanti e indietro per il corridoio senza decidersi a bussare né ad andarsene. Con i nervi ormai scortecciati, Ghibaudo si alza per non uscirne pazzo.
«Carabiniere Sgrelli, allora?» dice spalancando la porta.
Angelico Sgrelli, biondo normanno di Sicilia, non è mai stato più giovane di così. Un bambino dalle guance lisce”… dopo saluto e sbattimento di tacchi annuncia affannato: «Il ragazzo dei fanali chiede del maresciallo Audisio per riportare notizia di un furto. Potrebbe essere cosa seria »…

(Neroinchiostro)

Con la mano insaponata Nina afferra la maniglia. È fredda e lucida. Cambiata da poco, insieme alla serratura del portone.
La presa scivola una, due, tre volte. Alla quarta il portone si apre. Nina si fa avanti e la notte la inghiotte. A Roma stasera tira un vento cattivo, l’ultimo vento del secolo. Nina sta tremando ma non sente il freddo, anche se il cappotto resta troppo leggero.
Fino all’incrocio con via Belsiana sono pochi metri, e da lì sembra tutto dritto, quanto, dieci minuti?
Cinque, se riesce a tenere il passo più veloce che può. Deve pensare solo a questo Nina, a cercare aiuto e a tenere il passo più veloce che può.”

(Chimere)

Per saperne di più

 

 

Mario Mattia, “L’ultima ombra d’estate” – Piemme Editore, 2023.

 

L’autore

Nato in provincia di Caserta, vive e lavora a Catania in qualità di Geofisico presso l’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Si occupa di monitoraggio geodetico dei vulcani e delle aree sismiche della Sicilia ed ha pubblicato molti lavori scientifici su riviste internazionali nell’ambito della geodinamica dell’area siciliana.

Nel 2019 entra nei quattro finalisti della XXII edizione di “Esperienze in Giallo” con il racconto “Cenere rossa”. “L’ultima ombra d’estate” è il suo primo romanzo pubblicato da Piemme.

 

Il romanzo

Da un esordiente non ti aspetteresti un’opera dalla costruzione così raffinata e per questo le prime pagine, che introducono una vicenda delittuosa in un paese della Sicilia in cui sotto la superficie rispettabile si agita il mondo criminale delle famiglie mafiose, sono ingannevoli. Una scrittura che immediatamente risulta limpida e lineare, certo, munita del giusto dosaggio di dialetto per contestualizzare i dialoghi che peraltro, cosa non consueta, sono padroneggiati benissimo e senza enfasi artefatta, ma che sembrerebbe applicarsi a una storia che potrebbe consuetamente indirizzarsi sul tema dei “ragazzini detective” e finire lì. Questo esordio invece è un semplice giro di chiave che spalanca le porte a una trama stratificata un po’ cronaca, un po’ noir e un po’ romanzo di formazione, che, giocata su più piani temporali, sa unire passato e presente in una trama perfettamente logica, comprensibile e coerente. Ritroveremo dunque la soluzione degli eventi molti anno dopo attraverso le traversie dei ragazzi di allora che devono fare i conti con gli snodi della loro esistenza. Il tema politico in sottofondo è argomentato con chiarezza e senza concessioni alla prolissità ed è un filo conduttore a volte emerso e a volte carsico che serve a ritrovare nelle ultime pagine i ragazzi di allora sotto altre vesti. E l’abilità del narratore è anche spostare via via il focus sui personaggi senza fossilizzarsi sulle azioni di un singolo protagonista, donando loro vivacità e credibilità per dipingere una storia corale più vera che verosimile.

 

Come inizia

Contrada Ficuzza (Licata), 19 agosto 1972

Totò Frangipane si ferma a guardare per terra e vede una fila di escrementi di pecora che, sotto l’ombra di un carrubo, si allarga e aumenta di numero e densità.

Scuote la testa e stringe forte le mascelle. I muscoli del braccio si tendono sotto la camicia bianca e agita il pugno in aria. Poi s’incammina sul sentiero che porta alla salita verso il poggio, appena visibile tra due massi.

Sotto ai suoi scarponi il terreno argilloso si sfarina e, appena comincia il tratto più ripido, è costretto, con piccoli calci, a piantare per bene i piedi sulla roccia gessosa. Si ferma per prendere fiato e asciugarsi il sudore con il fazzoletto che gli pende dai pantaloni. Due grosse gazze s’alzano in volo da una macchia di vegetazione a qualche decina di metri da lui.

Un riflesso argentato le ha spaventate.

 

Per saperne di più